Villa
Madama a Roma
Passato
il Medioevo, anche la nuova società romana non voleva più stare nei suoi palazzi
oscuri di città che erano più fortezze che comode abitazioni. Iniziò la moda di
costruirsi ampie ville fuori dalle mura urbane, ove godersi sereni soggiorni in
campagna. Un
esempio di architettura climatica rinascimentale è la Villa Madama s Roma.
Sotto il papato di Leone X, ossia Giovanni di Lorenzo de' Medici (1475-1521), suo cugino, il cardinale Giulio de' Medici (1478-1535), il futuro papa Clemente VII, incaricò Raffaello Sanzio di eseguire un progetto di massima per una villa su uno sperone alle pendici di Monte Mario, a Roma, sulla riva destra del Tevere. Nel suo progetto, Raffaello s’ispirò alla descrizione delle ville di Plinio il Giovane e voleva anche rivaleggiare con ville contemporanee come quella della Farnesina.
Raffaello,
Villa Madama, Roma, progetto 1518, pianta
Nel 1520, alla morte prematura di Raffaello all’età di 37
anni, un formidabile gruppo di artisti dell'epoca ne curò la realizzazione. Del
gruppo facevano parte Antonio da Sangallo il Giovane, che si occupò del progetto esecutivo e dei
lavori, mentre fu Giulio Romano, erede della bottega di Raffaello, a dedicarsi alle decorazioni insieme
a Baldassarre Peruzzi e Giovan Francesco Penni. Giovanni da Udine si occupò
degli stucchi e Baccio Bandinelli delle sculture. I lavori furono terminati nel
1525, dopo l’elezione di Giulio de’ Medici a Papa Clemente VII nel 1523. La
realizzazione definitiva del progetto fu compromessa dalle vicende politiche.
Nel 1527 ci fu il Sacco di Roma a opera dei Lanzichenecchi di Carlo V e, in
quell’occasione, la villa fu saccheggiata e data alle fiamme.
Pianta di Villa Madama, Roma
Il disegno sopra mostra la
pianta di Villa Madama come era quando il Palladio visitò Roma nel 1541 insieme
al suo tutore e Gianluigi Trissino. X/18, Andrea Palladio (c.1541).
La Villa prese il suo nome da Margherita d'Austria, duchessa di Parma e Piacenza
(1522-1586) alla quale piaceva farsi chiamare “Madama”.
Raffaello descrive il suo progetto per la villa in una
lettera a Giulio de' Medici con
le seguenti parole:
“La Villa è posta a
mezzo la costa di Monte Mario che guarda per linea recta a greco (NE). Et
perch’el monte gira, dalla parte che guarda Roma scopre il mezzodì et da la
opposita scopre maestro (NO) et alle spalle del monte restano lybicco (SO) et
ponente (O), et greco et tramontana (N) et maestro; a che V.S. può considerare
come gira il sityo. Ma per porre la villa a venti più sani ho volta la sua
lunghezza per diretta linea a syrocco (SE) et a maestro, con questa
advententia che a syrocco non vengano
finestra né habitatione alcune se non quelle che ànno di bisogno del caldo”.
“Da questo vestibulo
s’entra nel atrio fatto alla greca come quello che thoschani chiamano andrione,
per mezzo del quale l’homo se conduce in un cortile tondo, il quale heraculo
lascia per non confondere, et torno a dire la parte et habitatione del primo
cortile. Et perché questo tene del syrocco è mezodì, vi è la cucina e la
dispensa e’l tinello pubblico. Et poi vi è una cantina cavata nel monte la
quale serve a questi tali lochi publici, ma li suoi lumi sono volti a
tramontana: loco freschissimo, come V.S. po’ comprendere”.
“Sopra il turrione
che è da man diritta della intrata, ne l’angulo una bellissima dyeta vi è
conlochata, che così la chiamano li antiqui, la forma della quale è tonda et
per diametro è 6 canne con uno andito per venirne, come al suo fuoco ragionerò,
el quale copre detto giardino dal vento greco; da tre parti dello edifitio lo
coprano da tramontana et maestro”.
“La dyeta è, come ho
detto, tonda et ha intorno finestre invetriate, le quale hor l’una hor l’altra
dal nascente sole al suo occaso seranno toche et traspaiano in modo ch’el loco
sarà alegrissimo et per il continuo sole et per la veduta del paese et de Roma,
perché, come Vostra Signoria sa, il vetro piano non occuperà alcuna parte. Sara
veramente questo loco piacevolissimo a starvi d’inverno a ragionare con
Gentilhomini, ch’è l’uso che sòl dare la dyeta. Et questa e quanto si fa nel un
campo del giardino et nel suo angulo”.
“Da man sinista
intrando in questo clytoportico in verso in mezodì se va nelli bagni dove
anchora ve se può vedere per la schala secreta per le parti de sopra, le quali
sono così ordinate: hanno due camere da spogliarse et poi un loco tepido aperto
da ungersi quando che uno se è bagnato et stufato. Et evi la stufa calda et
secca con la sua temperatura et evi lo bagno caldo con i sedili da starvi
secondo dove l’homo vole che l’acqua li bagni le parte del corpo. Et sotto la
fenestra v’è un loco da porvisi a giacere e stare ne l’acqua ch’el servitore
può lavare altrui senza farsi ombra. Di poi v’è un bagno tepido et poi un
freddo de tal grandezza che quando uno avesse voglia di volere notare”.
Dalla descrizione si apprende la grande attenzione che
Raffaello ha prestato all’orientamento della villa verso il sole e verso i
venti. Egli orientò l’asse longitudinale della villa in direzione
Nordest-Sudest, in modo che l’esedra davanti alla villa guardasse verso Sudest,
o come dice Raffaello verso lo scirocco, ma senza disporre finestre o
abitazioni verso Sudest, se non quelle che hanno bisogno di caldo.
Andrea Palladio visitò la villa nel 1541
quando era a Roma con il suo protettore, il poeta e umanista Gianluigi Trissino.
Egli studiò ogni particolare dell’edificio e ne fece anche uno schizzo che oggi
si trova a Londra, nella Library
Drawings Collection del Royal Institute of British Architects (RIBA).
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