Tre delle più grandi civiltà dell’antichità
sono nate e cresciute in un clima generalmente caldo e secco, attenuato solo dalla
presenza di grandi fiumi e i loro affluenti: il Tigri e l’Eufrate in
Mesopotamia, il Nilo in Egitto e l’Indo nell’attuale Pakistan. In mezzo al
deserto questi fiumi hanno creato delle oasi fluviali con acque pescose, terre
fertili e ricche di vegetazioni e di selvaggina.
In questi paesi arsi dal sole, l’uomo cerca
l’ombra, ma, purtroppo per nutrirsi deve lavorare all’aperto, coltivare i
campi, allevare bestiame, pescare e cacciare, cioè stare esponendosi al sole. E
si sta quasi sempre all’aperto dove l’unica difesa dal sole consiste in un
adeguato abbigliamento. Le dimore servono per dormire e per ripararsi all’ombra
nelle ore più calde. Le prime dimore di cui sono rimaste solo poche povere
vestigia sono capanne costruite con le piante che crescono in abbondanza ai
bordi dei fiumi come il giunco. Capanne di questo tipo, costruite dai
pescatori, si possono ancora oggi vedere nel Shatt-el Arab.
Nei villaggi e nelle città le case sono più
solidi in confronto alle capanne dei pescatori e dei contadini. Nelle città le
case sono muri costruiti con mattoni di fango e argilla, o almeno erano fino
poco tempo fa. Oggi questa edilizia tradizionale sta scomparendo e al posto
delle vecchie case sorgono costruzioni in cemento armato e blocchi di
laterizio, così come dappertutto.
Cominciamo il nostro viaggio nell’architettura tradizionale in climi
secchi e caldi con quella della Mesopotamia.
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