Bagni privati
In
epoca greca e romana, fare un bagno sia in acqua fredda o calda e anche sudare come
in una sauna, era di uso comune. Bagni esistevano già nelle case della
Mesopotamia del III millennio a.C. e questa comodità si diffuse, nel corso dei
secoli, attraverso Cipro e Creta fino in Grecia e in Italia. Nel sacro complesso
di Olimpia in Grecia (IV secolo a.C.) c’era un bagno abbinato a una palestra
(1).
Il bagno è stato importato
nella cultura romana dal mondo greco. La parola latina balineum o balneum è la
traduzione di balaneion,
introdotta nel III secolo a.C. I primi bagni nelle case dei romani erano rari,
semplici e bui; non avevano grandi finestre vetrate. In una lettera all’amico
Lucilio, Seneca (ca. 4–65 d.C.) descrive il bagno nella villa rustica di
Scipione con le seguenti parole (2):
“Ho visitato la modesta villa del grande
Scipione (l’Africano), in cui si trova un bagno molto stretto e buio così come
erano i bagni dei nostri antenati; solo perché ciò che era buio a loro sembrava
di poterlo riscaldare …….. In quel bagno di Scipione si trovano nel muro delle
piccolissime finestre, meglio chiamate feritoie, affinché queste fanno
penetrare un po’ di luce senza diminuire la robustezza della muratura. Ora sono
invece chiamate “tane di loschi parassiti” tutti i bagni che non sono dotati di
grandi finestre che captano la piena luce del giorno, in cui non si viene
abbronzati dal sole e da cui non c’è vista sul paesaggio o sul mare”…….
In
epoca repubblicana, nelle case dei benestanti romani, era molto in voga il laconicum, una specie di sauna, un
locale molto caldo, dove si poteva sudare a piacere, normalmente abbinato a un locale
con una vasca d’acqua fredda (frigidarium).
Nelle case, il bagno trovava normalmente posto in un luogo ben soleggiato e
caldo, spesso accanto alla cucina (culina),
dove veniva preparata l’acqua calda che serviva anche per altri usi domestici.
Il fuoco lo si accendeva in una camera di combustione (praefurnium) situata sotto il laconicum,
accessibile dalla cucina o dal cortile.
Con
la crescente prosperità economica di Roma, anche le case dei benestanti potevano
concedersi bagni più dispendiosi; si trattava solitamente di strutture
complesse composte di uno spogliatoio (apoditerium)
e tre vasche: una con acqua fredda (frigidarium),
un’altra con acqua tiepida (tepidarium)
e la terza con acqua calda (calidarium).
Le ville più grandi e lussuose, come, per esempio, quella di Piazza Armerina,
avevano abbinata ai bagni persino una palestra. Alcuni bagni erano finemente
decorati con affreschi, come la casa con criptoportico a Pompei, il bagno della
villa di Bosco Reale e quello della villa di Poppea a Oplontis (Torre
Annunziata)
Tra
i lussuosi bagni ritrovati nelle province dell’Impero Romano, sono degni di
menzione quelli del palazzo del legato romano ad Aquincum (oggi Budapest) in Pannonia, e quelli del palazzo di
Fishbourne vicino a Chester in Inghilterra.
Due
bagni privati sono stati descritti dagli scrittori romani Marco Valerio
Marziale (3) (ca. 40-102 d.C.) e Gaio
Sollio Sidonio Apollinare (4) (seconda metà del V secolo).
Bagni pubblici
Gli impianti termici dei bagni
erano molto complessi, pertanto, i bagni nelle case private erano piuttosto un’eccezione.
Molto numerosi erano invece quelli pubblici. Nelle città romane, i bagni
pubblici erano ritenuti indispensabili almeno sin dal I secolo a.C. Già nel 33
a.C. a Roma, sotto l’edilità di Agrippa, esistevano non meno di 170 terme
utilizzabili gratuitamente da tutta la popolazione. I cataloghi regionari della
città di Roma dell’epoca di Augusto (63 a.C.-14. d.C) enumerano ben 856
“balnea”(5). Questi bagni erano necessari considerata l’elevato numero degli
abitanti della capitale e della strettezza e della sporcizia in cui essi
vivevano.
E, stando a quanto afferma
Plinio il Giovane (6), erano numerosi anche nelle piccole città di provincia. I
primi bagni pubblici in Italia di cui abbiamo notizia sono sorti nelle città
della Campania. A Capua, queste comodità esistevano già dalla fine del III
secolo a.C. (7), a Teano, all’epoca dei Gracchi, c’erano bagni per uomini e per
donne, e, a Pompei, anche le Terme Stabiane e quelle del foro risalgono
all’epoca repubblicana (8).
Pompei – Terme Stabiane
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In mancanza di vetri per
finestre, i primi bagni pubblici erano ambienti piuttosto bui dotati di
aperture di piccole dimensioni, piuttosto feritoie come dice Seneca, che
servivano soprattutto alla regolazione della ventilazione, ma questi locali avevano
muri molto spessi che mantenevano a lungo il calore. La situazione cambiò a
seguito dell’invenzione del vetro piano nel I secolo a.C. che consentì la
costruzione di ampie finestre e lo sfruttamento della luce solare.
Le terme più grandiose, più
imponenti e più famose erano indubbiamente quelle di Roma costruite in età
imperiale. Questi grandi complessi soddisfacevano non solo le esigenze termali
con calidarium, tepidarium, frigidarium, natatio e apoditerium, ma comprendevano anche
delle biblioteche e mostre d’arte; inoltre offrivano
servizi di ogni genere: massaggio, sauna, fitness e cure di estetica. Soprattutto erano grandi centri di svago e di
divertimento, dove s’incontravano tutte le classi della popolazione.
Il prezzo d’ingresso era modesto, ma tutti
i servizi extra si dovevano pagare a parte. La gente si recava nei bagni dopo
mezzogiorno, ossia dopo il lavoro quotidiano (i romani non lavoravano otto ore
al giorno come noi facciamo oggi). Tutto il complesso
balneare, inclusi i suoi giardini, era racchiuso in un recinto rettangolare che
assumeva talvolta dimensioni
gigantesche. L’area delle Terme di Diocleziano misurava 356 x 316 metri.
L’odierna Piazza della Repubblica, in alto a Via Nazionale, era l’esedra
dell’ampia area verde che circondava gli edifici di queste terme.
La prima delle grandi terme di
Roma è stata quella di Agrippa, inaugurata nel 12 a.C., situata nel Campo
Marzio e alimentata dall’Acqua Vergine. Seguivano poi le terme di Nerone (62
d.C.) sempre in Campo Marzio, di Tito sulle pendici dell’Esquilino, di Traiano sulle
falde del monte Oppio (erette tra il 104 e il 109 d.C.), di Caracalla (costruite
tra il 212 e il 217 d.C.), di Diocleziano (costruite tra il 298 e il 306 d.C) e
di Costantino (intorno al 315 d.C.) sul colle del Quirinale.
Roma - Terme
di Traiano
A Roma, gli spazi per gli
immensi complessi delle terme con le loro ampie aree verdi dovevano essere
ricavati da un tessuto urbanistico già edificato. Questo comportava l’acquisto
e la demolizione di molti edifici residenziali. Già l’acquisto dei terreni
necessari costava un patrimonio intero. Le Terme di Traiano situate sulle falde
del Monte Oppio furono pagate con il bottino della guerra che sottomise i Daci.
Roma - Terme di Diocleziano
Ma perché a Roma si necessitava
di tanti bagni pubblici così grandiosi? Bisogna immaginare che all’epoca di
Traiano (53-117 d.C.), Roma aveva una popolazione stimata in oltre un milione
di abitanti. Era la più grande città del mondo. Circa il 90 per cento della sua popolazione
viveva in alloggi d’affitto concentrati in grandi caseggiati. Questi alloggi
erano senza bagno e servizi igienici; le condizioni abitative erano misere e talvolta
precarie. I bagni pubblici erano pertanto
importantissimi per garantire alla popolazione della metropoli un minimo di
igiene. Nelle grandi terme si aveva luce, si poteva respirare, fare il
bagno, esercitare qualche sport, divertirsi e persino studiare.
Roma - Terme di Caracalla
I grandi complessi balneari
erano però anche insaziabili divoratori d’acqua e di legna da ardere. Occorrevano
immense quantità d’acqua calda, e questa era prodotta in grandi caldaie di
bronzo, dette testudines, forse per la loro forma che ricordava una
tartaruga. Vitruvio descrive un sistema a tre serbatoi: uno per l’acqua calda,
uno per l’acqua tiepida e un terzo per quella fredda, tutte schierati in fila.
L’acqua fredda si riversava nel serbatoio dell’acqua tiepida e questa in quello
dell’acqua calda. Le caldaie erano collocate nel piano seminterrato dell’edificio
e il fuoco bruciava in una camera di combustione, il cosiddetto praefurnium,
accessibile dall’esterno. I fumi, dopo aver riscaldato le caldaie,
passavano sotto il pavimento rialzato delle sale, entravano nelle canne fumarie
(tuboli) inserite nella muratura delle pareti e fuoriuscivano poi da sopra
il tetto. Disponendo i “tubuli” a breve distanza l’uno dall’altro, si otteneva
un sistema di riscaldamento a parete. Questo
sistema era detto ad hypocaustum o hypokausis, nome greco che significa,
appunto, “riscaldato da sotto”.
Pavimento riscaldato da sotto
L'invenzione di questo sistema di riscaldamento è generalmente
attribuita a Caio Sergio Orata (circa 80 a.C.), un commerciante della Campania
che costruiva bagni ad ipocausto nelle grandi ville e impiegava le balneae
pensilis nei suoi allevamenti di pesci e di ostriche. Gli studi
archeologici più recenti hanno però potuto dimostrare che il sistema di
riscaldamento a pavimento era già conosciuto da diverso tempo prima (Olympia
(9), Gortys (10), Megara Hyblea (11)).
Il funzionamento del sistema richiedeva un tiraggio lento e
continuo che dipendeva dalla formazione e dal dimensionamento delle singole
parti, dalla qualità del materiale combustibile e dalla regolazione del flusso
d'aria. Un fattore importante era una leggera inclinazione dei canali sotto il
pavimento dalla camera di combustione verso le canne in cui i fumi salivano e
uscivano sopra il tetto.
Per
meglio sfruttare il calore prodotto nell’impianto di riscaldamento, i bagni
caldi per le donne e quelli per gli uomini vennero concentrati nella medesima
zona e allineati in modo tale che l’aria calda passasse direttamente sotto il
pavimento di ambedue le strutture. Da Vitruvio leggiamo al riguardo (12):
“E
inoltre si deve fare attenzione che i calidari per le donne e per gli uomini
siano attigui e collocati nelle medesime zone. Poiché in tal modo si otterrà
che nelle caldaie anche il calorifero sotterraneo sia comune all’uno e
all’altro degli ambienti”.
Questo
sistema di riscaldamento aveva un rendimento straordinario, spesso superiore al
90 per cento, ovvero maggiore di quello di molti impianti odierni. Esperimenti
fatti con impianti ricostruiti hanno dimostrato che, nel caso di temperature al
praefurnium di 400-600°C, quella dei fumi al fumaiolo era scesa a soli
40°C (13). Bisogna però
considerare che non tutti gli ambienti delle terme erano riscaldati. Il
riscaldamento era limitato ai calidari
e ai tepidari.
Nonostante l’ingegnosità del
sistema di riscaldamento, le terme consumavano enormi quantità di legna (i
Romani non conoscevano ancora il carbone fossile). Nei forni la legna bruciava
senza sosta, giorno dopo giorno, anno dopo anno - per secoli.
In considerazione dell’immenso
consumo, risparmiare calore e acqua calda divenne dunque imperativo. Vitruvio allora
consiglia lo sfruttamento passivo del calore del sole (14):
“Innanzi tutto, bisogna
scegliere un sito che sia il più caldo possibile, non esposto né al
settentrione né ad aquilone. I calidari e i tepidari debbono ricevere luce
dall’occidente invernale e qualora la natura del luogo lo impedisse, dal
mezzogiorno, poiché il tempo del bagno è soprattutto compreso fra mezzogiorno e
il tramonto”.
Le terme dovevano quindi
sorgere in luoghi soleggiati ed essere orientate verso sud-ovest (occidente
invernale) e, se questo non era possibile, verso sud. L’orientamento verso
Sud-Ovest consigliato da Vitruvio si spiega facilmente con l’orario
dell’apertura dei bagni. In epoca romana si frequentavano i bagni al primo
pomeriggio, a partire da mezzogiorno. Orientando le grandi aule dei bagni caldi
(calidari) e tiepidi (tepidari) verso Sud-Ovest, queste
ricevevano Sole, proprio quando la gente cominciava ad affluire, cioè dopo
mezzogiorno. Ed è proprio questo l’orientamento che troviamo in quasi tutte le
grandi terme di Roma.
Il buon soleggiamento dei bagni
caldi e tiepidi era garantito da ampi spazi verdi, giardini e campi sportivi, disposti
davanti a queste grandi sale. Lo sfruttamento del sole era diventato possibile grazie
all’invenzione del vetro piano nel I secolo a.C. Cosi le grandi aule delle
terme potevano ricevere ampie finestre. Secondo la testimonianza di Seneca (ca. 1-65 d. C.), queste vetrate furono introdotte nella costruzione delle
terme già alla sua epoca, ovvero nella metà del I secolo d.C.(15). Sono anche
da menzionare le marcate strombature dei muri in corrispondenza delle finestre che
facevano penetrare all’interno più luce e quindi anche più calore.
Il sole era quindi un’utilissima
fonte ausiliare di calore che contribuiva a risparmiare legna. Il fabbisogno di
combustibile era enorme e si pensa che vaste aree boschive nei dintorni delle
città romane siano state rase al suolo, abbattendo ogni albero, per reperire la
legna necessaria per il riscaldamento dei bagni. Sta di fatto che ci sono
indizi chiari per ritenere che nella tarda antichità imperasse una grave penuria
di legna da ardere, tanto è vero che, a
partire dal IV secolo d.C. si cominciò ad importare legna da ardere persino
dall’Africa (16).
Le grandi terme avevano inoltre
spessi muri costruiti in laterizio che mantenevano il calore all’interno, ma anche
l’immensa produzione del necessario laterizio cotto richiedeva il consumo di
enormi quantità di legna che, ovviamente, non poteva essere sostituta con
l’energia solare. Solo l’utilizzo del laterizio cotto permetteva la costruzione
di grandi edifici voltati quali erano le terme d’epoca imperiale. Con questo
materiale si costruiva una muratura solida e resistente, il cosiddetto opus
caementitium. Lo spazio tra due paramenti esterni costruiti in laterizio era
riempito con una specie di calcestruzzo e, man mano che la muratura cresceva,
si utilizzavano calcestruzzi sempre più leggeri riducendo così il peso. Questi muri
possedevano anche eccellenti caratteristiche termiche; accumulavano il calore
prodotto all’interno e lo conservavano per tempi prolungati.
Per stabilire in quale misura le regole di soleggiamento riportate da Vitruvio siano state rispettate, abbiamo esaminato, per tre diverse regioni climatiche, l'orientamento di alcune terme romane e l'esposizione del loro calidarium.
Di Roma conosciamo le
planimetrie di tre grandi terme: le Terme di Diocleziano (iniziate nel 298 d.C.
da Massimiano e ultimate nel 305-306), le Terme di Traiano e quelle di
Caracalla (iniziate nel 206 d.C. da Septimio Severo e ultimate da Caracalla nel
216). In tutti e tre i casi, l'asse centrale del complesso è orientata secondo
le regole vitruviane in direzione NE-SO e il calidarium si trova esposto
a SO. Anche a Pompei il calidarium delle Terme del Foro e delle Terme
centrali sono orientate verso SO. Nelle terme di Tito, di Nerone e in quelle di
Costantino l'asse centrale è orientata in direzione N-S e il calidarium
si trova sul lato Sud.
Salvo alcune eccezioni, la
regola vitruviana è stata applicata anche in Nordafrica: Un orientamento NE-SO
dell'asse centrale e l'esposizione del calidarium verso SO lo troviamo a
Timgad (Grandi Terme a Sud), a Dougga (Terme centrali) e a Djemila (Grandi Terme)-
Le Terme di Antonino a Cartagine sono invece orientate in asse NO-SE e il
calidarium si trova sul lato NO (forse per poter orientare il frigidarium
e la palestra verso il mare)- Un orientamento N-S dell'asse centrale e
l'esposizione del calidarium verso S lo troviamo invece nelle Grandi
Terme a Nord di Timgad e in quelle di Leptis Magna.
A Nord delle Alpi, le terme più
grandi e più conosciute sono quelle di Treveri: le Terme di S. Barbara
(costruite verso la metà del II sec. d.C.) e quelle imperiali (costruite alla
fine del III sec. d. C.). L'asse centrale delle Terme di S. Barbara è orientata
in direzione N-S e il calidarium si trova sul lato Sud del complesso.
L'asse centrale delle Terme imperiali è invece orientata in direzione Est-Ovest
e il calidarium è esposto verso Est. Questo orientamento viene spiegato
con motivi urbanistici: le Terme segnano dignitosamente la fine della via
centrale (decumanus maximus) della città che si estende lungo un'asse
Ovest-Est.
Si può quindi affermare che le regole climatiche di Vitruvio sono state rispettate dagli architetti romani nella maggior parte dei casi. Questo fatto non sorprende più di tanto perché si trattava anche di una misura di risparmio energetico e quindi rivestiva una notevole importanza.
Note
(1) Mallwitz, A. Olympia und
seine Bauten, Monaco di Baviera, 1972
(2) Seneca, Ad
Lucilium de providentia(3) Marziale, Epigrammi: VI, 42
(4) Apollinare, 43: 262-254
(5) Castagnoli, F.: Topografia e urbanistica di Roma antica, Bologna 1969, p. 97
(6) Plinio, epist. 17, 26
(7) Beloch: Campanien, 2- Ed., S. 302
(8) Lehmann-Hartleben in: RE Bd. IIIA, S. 2066-67
(9) Mallwitz A., Olympia und seine Bauten, München 1972
(10) Ginouvès R., L'etablissement thermal de Gortys d'Arcadie, Paris 1959
(11) Vallet, Villard et Auberson: Experiénces coloniales en Occident et urbanisme grec: Le fouilles de Megara Hyblea; in: Annales de l’Ecole française 25, 4, (1970), p. 1102-1113 (avec plans)
(12) Vitruvio, de arch. V, X, 1
(13) Brödner, E.: op. cit., p. 156
(14) Vitruvio, de arch. V, X, 1 “Primum eligendus locus est quam calidissimus, id est aversus ab septentrione et aquilone. Ipsa autem caldaria tepidariaque lumen habeat ab occidente hiberno, si autem natura loci impedierit, utique a meridie, quod maxime tempus lavandi meridiano ad vesperum est constitutum”.
(15) Brödner, E.: op. cit., p. 137
(16) Cod. Theod. 13,5,10.
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