domenica 29 settembre 2013

Clima mediterraneo - Roma antica - Urbanistica romana


Lo sfruttamento passivo dell’energia solare nell’architettura, così come lo intendiamo oggi, richiede spazio: la luce del sole deve raggiungere gli edifici, penetrare negli ambienti e non essere ostacolata da costruzioni. Queste condizioni si trovano raramente in città perché gli edifici sorgono molto vicini gli uni agli altri e quest’asserzione vale oggi quanto per l’antichità. Il massimo che si poteva procurare a un’abitazione in un’antica città era un po’ di luce e uno sguardo al cielo. Le condizioni abitative in cui la maggior parte dei cittadini era costretto a vivere erano bui e insalubri. Forse è questa situazione che ha portato gli antichi teorici dell’urbanistica a dare molta importanza alla salubrità e alla salute.

Scelta del sito

Tutti gli autori antichi che si sono occupati della città o dell’urbanistica, concordano nel dire che, in primo luogo, una città deve essere progettata in riguardo alla salute dei suoi abitanti, quindi situata in un luogo salubre e pianificata in rapporto alle condizioni climatiche del luogo.

La salubrità dei siti su cui costruire una città o un edificio è uno dei grandi temi di Vitruvio (1). I criteri che riguardano la scelta del sito per una città si apprendono dal seguente passo (2):

“Per quanto riguarda la cinta muraria, le regole da osservare saranno le seguenti. Per prima cosa viene la scelta di un luogo molto salubre che sarà tale se sarà elevato e al riparo dalle nebbie e dalle gelate, esposto a una zona climatica né calda né fredda, ma temperata, ed inoltre, se si eviterà la vicinanza di zone paludose. Le brezze mattutine, infatti, quando al levarsi del sole spireranno in direzione della città ed ad esse si riuniranno banchi di nebbia frattanto formatasi, e soffiando immetteranno nel corpo degli abitanti, mescolate alla nebbia, le esalazioni pestilenziali degli animali palustri, renderanno il luogo malsano.

E ancora, se le mura s’innalzeranno lungo il mare e con un’esposizione a mezzogiorno o ad occidente, non saranno salubri, poiché nella stagione estiva la zona esposta a sud al sorgere del sole comincia a riscaldarsi, a mezzogiorno brucia, mentre un luogo orientato verso ovest dopo il levarsi del sole diventa tiepido, a mezzogiorno è caldo, a sera è infocato. E così che, a causa delle variazioni di temperatura, il fisico di chi sta in luoghi del genere subirà danni”.

Per Vitruvio, un sito salubre è dunque caratterizzato da una posizione un po’ elevata e dall’assenza di nebbia e di gelo. Egli sconsiglia l’esposizione verso l'estremo caldo (Sud) e verso l'estremo freddo (Nord) e raccomanda un orientamento intermedio onde evitare eccessive variazioni di temperatura.

È difficile esprimere oggi un giudizio sulla reale importanza del criterio “salubrità” per la scelta dei siti delle città romane. Sicuramente questo criterio non ha avuto lo stesso peso in tutti i casi. Gli antichi insediamenti italici erano tradizionalmente ubicati in siti elevati, su colline e pendii, ritenuti più sicuri (difendibili) e più salubri di quelli in valle. In quell’epoca e valli erano ancora spesso paludose, subivano frequenti inondazioni e offrivano poche difese. I Romani furono i primi in Italia ad abbandonare questa tradizione. Loro hanno cominciato a costruire nuove strade in pianura e lungo queste strade degli insediamenti, spesso in luoghi strategici, ma malsani.

Ne è un esempio la città di Firenze, fondata probabilmente nella prima metà del II secolo a.C. nel corso della costruzione della strada tra Aretium (Arezzo) e Bononia (Bologna). Mentre l’antica città etrusca di Faesulae, oggi Fiesole, si trova su una collina altra circa 300 metri a nord di Firenze, la colonia Florentia per veterani dell’esercito di Cesare, fu costruita dopo il 59 a.C. nella valle dell'Arno, prossima al fiume, in un luogo tutt’altro che sano. Ancora oggi il clima fiorentino è spesso afoso e la città corre sovente il rischio di inondazioni. Il pregio del sito era l’incontro di tre vie: della via Cassia che collega Roma con la Toscana e di due antiche vie etrusche, una che porta a Volterra (Volterrana) e l’altra a Pisa e al Mare (Pisana). Ed è stato proprio l’ubicazione presso questo nodo stradale che, nei successivi secoli, ha fatto fiorire il commercio e l’artigianato della città.

Molto simile è la situazione di Terni (Interamna), diventata romana già verso il 290 a.C., che sorge nella valle del Nera (Nar), in una pianura, la Conca ternana, ancora oggi famigerata a causa della sua estrema afosità.

Nella scelta dei siti di nuove città romane, prevalevano normalmente aspetti militari e logistici che spesso, in seguito, si sono rivelati favorevoli per lo sviluppo economico di questi centri. La salubrità del sito era in realtà un criterio secondario, di rilevanza molto minore di quanto si possa pensare leggendo Vitruvio. In molti casi il territorio di una nuova città lo si doveva rendere più salubre artificialmente tramite l’esecuzione di opere di bonifica, per esempio canali drenanti e diversivi.  Nel tardo Impero, e dopo le invasioni barbariche, la manutenzione dei canali drenanti subì un grave calo e diverse città romane dovettero essere abbandonate proprio a causa di un progressivo peggioramento delle condizioni climatiche e della diffusione della malaria.

Orientamento delle città, delle vie e delle case

La parola orientare significa proprio “puntare verso Est”, verso l’oriente (lat. oriens), detto anche levante, perché indica la direzione dove il sole si leva nei giorni degli equinozi. Ex oriente lux, la luce nasce a Est.

Ciò che ci interessa in particolare è invece scoprire che rilevanza abbia avuto il clima e il sole nella stesura dei piani regolatori delle antiche città romane, sull’orientamento delle vie e delle case verso il sole. 

Così come i Greci, anche i Romani conferivano ai nuovi insediamenti una pianta ortogonale, una pianta basata su una griglia le cui vie principali e secondarie s’intersecano ad angolo retto.

I primi ad adottare lo schema ortogonale dei Greci e ad applicarlo in Italia furono gli etruschi che forse l’hanno conosciuto quando colonizzarono una parte della Campania entrando così in contatto con le colonie greche. Essi applicarono lo schema ortogonale nella prima metà del V secolo a.C., in occasione della fondazione della città sul pian di Misanello (forse l’antica Misa), presso l’odierna Marzabotto, nella valle del Reno a Sud di Bologna. La pianta della Marzabotto etrusca è molto simile a quella tipica delle colonie greche poiché suddivide l’area in isolati oblunghi destinati alla costruzione di case a schiera. L’asse di questi isolati è orientata esattamente in direzione Nord-Sud.

 
Pianta di Marzabotto

I piani regolatori ortogonali usati poi dai Romani dimostrano una diversa suddivisione. Gli isolati dei piani regolatori romani assumono varie proporzioni, che vanno dal quadrato fino al rettangolo oblungo.

Nel caso dei piani regolatori greci, con i loro isolati stretti e oblunghi, si comprende subito in quale direzione sono orientate le schiere di case. Meno facile è l’individuazione dell’orientamento delle case nelle città romane, perché le abitazioni non erano a schiera. Un isolato poteva costituire un unico lotto per un’unica casa, come per esempio a Timgad, oppure essere suddiviso in vari modi. Nelle città fondate dai romani è difficile scoprire una predilezione per una determinata direzione.

 
Pianta di Lucca romana
 

La nostra conoscenza della suddivisione originale degli isolati delle città romane, è purtroppo molto limitata perché la maggior parte di queste città esiste ancora è gli edifici dell’epoca romana sono ormai sepolti sotto quelli successivamente costruiti.

 
Pianta di Augusta Taurinorum (Torino)

Bisogna anche tener conto del fatto che nelle antiche città a pianta ortogonale, l’orientamento delle vie influiva solo poco sul soleggiamento delle case, che originariamente avevano un solo piano, o al massimo due.  I singoli ambienti delle case prendevano luce da un cortile centrale, perciò la quantità di luce che potevano ricevere dipendeva dalla dimensione di questo cortile.

 
Pianta di Timgad in Algeria

L’esclusione dei venti

All’argomento dell’orientamento delle vie urbane, Vitruvio dedica un intero capitolo, ma il suo obiettivo non è tanto quello di procurare sole e luce alle case, quanto di escludere i venti, molesti e dannosi per la salute degli abitanti, dal tessuto urbano tramite il “giusto” orientamento. A proposito dell’orientamento verso i punti cardinali egli scrive (3):

“Saranno esse ben eseguite, se si escluderanno con avvedutezza dalle piazze e dalle strade i venti, i quali se sono freddi offendono, se caldi, viziano, se umidi nuocciono. Perciò sembra doversi evitare un tal difetto, ed avvertire che non accada quello che in molte città suole avvenire: come nell'isola di Lesbo la città di Mytilene è edificata con magnificenza ed eleganza ma non prudentemente collocata in quanto se soffia Austro, gli uomini si ammalano, quando Coro, tossono, quando Settentrione si ristabiliscono in salute, ma non possono star fermi nelle strade e nelle piazze per l'intensità del freddo".

Vitruvio descrive poi minuziosamente il metodo geometrico della costruzione di una rosa dei venti a otto punte dalla quale si avrebbe dovuto ricavare l’orientamento corretto delle vie (4). La figura accanto ne riporta il risultato. Si tratta di un ottagono orientato verso i punti cardinali in cui viene iscritta la pianta della città in modo tale che l’orientamento delle vie non corrisponda a nessuna delle direzioni indicate dall'ottagono. La griglia stradale è quindi ruotata di un quarto di quadrante cioè di 22,5° e le vie si sviluppano in asse NNW-SSE, rispettivamente ENE-WSW.


Orientamento ideale delle vie secondo Vitruvio
 
 
 

Tale orientamento, che corrisponde all’incirca  a quello che si ricava dal metodo di Vitruvio, lo hanno le vie di Aosta (23°), Augusta Bagiennorum (23°), Minturno (23°), Ostia (21°) Aquileia (19°) ed Emona (19°).

 
La torre dei venti sull’Agora romana ad Atene (Wikipedia)

La teoria di Vitruvio dell’ottimale orientamento delle vie si basa, con molta probabilità, su testi greci, in particolare su un testo di Andronico Cirreste, l'architetto che aveva costruito, verso il 100 a.C. ad Atene, una torre dei venti, un tipo di osservatorio meteorologico che permetteva di rilevare la direzione dei venti e quindi di osservarne anche la frequenza.

Questa torre dei venti, detta anche Orologio di Andronico, è una torre a pianta ottagonale eretta su un lato dell’Agora romana di Atene. All’interno della torre c’era un orologio ad acqua (clessidra) e su ciascuno degli otto lati, una meridiana e una raffigurazione del relativo vento: borea (N), kaikias (NE), euro (E), apeliote (SE), noto (S), lips (SO), zefiro (O) e skiron (NO). La torre esiste tutt’oggi.

L’esclusione dei venti molesti è indubbiamente un aspetto non irrilevante nell'urbanistica, ma lo è altrettanto anche una sana ventilazione, fattore menzionato da Aristotele.

L’esposizione al sole

Nonostante l’importanza che Vitruvio attribuisce alla questione dei venti, egli sostiene però che il sito di una città non deve essere orientato né verso Sud, né verso Nord, e consiglia un orientamento intermedio onde evitare eccessive variazioni di temperatura. Vitruvio (5) raccomanda espressamente lo studio dell'astronomia affinché gli architetti possano affrontare con perizia il problema del giusto orientamento degli edifici e dei locali rispetto ai punti cardinali in rapporto alle esigenze stagionali.

Gaetano Vinaccia, un architetto italiano, che negli anni venti e trenta del Novecento ha studiato il problema dell'orientamento nell'urbanistica dell'antica Roma (6), scrive che, nell'urbanistica romana, i criteri pratici prevalevano e che, nei piani ortogonali, le vie avevano un orientamento che ostacolava i venti molesti e garantiva agli edifici un'insolazione massima in inverno. Per garantire in inverno un’insolazione massima, gli edifici delle città romane avrebbero dovuto essere orientate verso Sud, mentre invece non lo erano affatto, come dimostra l’esame di molti piani regolatori romani risalenti all’epoca romana (vedi tabella).

Lo stesso autore (7) sostiene che, in Italia, “le orientazioni degli edifici e dei locali devono avere esclusiva ragione eliotermica. Con “eliotermico”, l’autore intende che si debba tenere conto del fatto che le temperature massime giornalieri non si ha a mezzogiorno, cioè quando il sole si trova nello zenit, bensì qualche ora più tardi, quando la posizione del sole si trova verso sudovest. L’autore conclude da questo fatto che il reticolo stradale ortogonale non dovrebbe avere le direzioni N-S ed E-W, ma quelle NE-SW e NW-SE”, orientamenti che, secondo questo autore, “concordano anche con le necessità eoliche italiane”.

Egli sostiene che "le piante di moltissime città italiane abbiano il reticolo stradale deviato di circa 30°” e che “questa deviazione porta a un’equa distribuzione dell'insolazione in modo che anche le facciate rivolte verso settentrione, possono godere di un po' di sole nella stagione invernale” (8). Che questa asserzione è sbagliata e non corrisponde alla realtà si apprende facilmente dalla tabella “Orientamento dei reticolati di alcune città romane.

In una città, il soleggiamento dei singoli edifici dipende, non per ultimo, anche dalla larghezza delle vie e dall’altezza degli edifici, cioè dal rapporto di queste due grandezze. Le vie delle città romane avevano larghezze di 10, 15, o 20 piedi (circa  3, 5, 6, 9 metri) e solo le vie principali erano più larghe, ma spesso soffocate da edifici molto alti. In condizione di un’edificazione non superiore ai due piani, questa larghezza garantiva una buona illuminazione dei piani superiori anche in inverno. Gli edifici più alti, come ad esempio quelli costruiti a Ostia in epoca imperiale, arrivavano anche a cinque piani, confinavano principalmente con piazze o con vie più larghe, ma proprio alcuni di questi edifici dimostrano che il loro soleggiamento non era stato contemplato dal progettista. Per esempio, i due blocchi residenziali nel cosiddetto quartiere delle case con giardino, sono orientati in modo che la metà degli alloggi sia rivolta direttamente verso sud, e l’altra direttamente verso nord. Un ottimo soleggiamento delle abitazioni non era quindi l’obiettivo del progettista.

Una città chiusa tra le mura, quando occorrono più abitazioni, tende a crescere in verticale e, di conseguenza, il soleggiamento e l’illuminazione delle singole case immancabilmente diminuiscono. In una metropoli, come quella di Roma, con vie piuttosto strette e con edifici che raggiungevano altezze fino a sei o sette piani, una sufficiente insolazione non era nemmeno pensabile.

La lex Iulia de modo aedificarum limitò l’altezza delle case di Roma a 70 piedi, cioè a circa 21 metri (9), corrispondente a sei o sette piani. Il limite d’altezza fu abbassato da Traiano a 60 piedi, corrispondente a circa 18 metri o a cinque o sei piani (10). I palazzi nelle altre città forse non erano così alti come nella capitale. A Ostia le case avevano generalmente raggiungevano i tre piani sopra un piano terra molto alto, ma vi erano anche case a uno o due piani.

La determinazione di Est

Nella centuriazione del territorio e nell’urbanistica i geometri romani, i mensores, ritenevano più importante l’asse Est-Ovest (decumanus) che quella Nord-Sud (cardo). Questi geometri preferivano, per comodità o per tradizione, considerare Est semplicemente il punto in cui sorgeva il Sole nel giorno in cui iniziavano i lavori di limitazione. Questo almeno è quello che ci racconta Frontino (11), “scrittore tecnico” latino del I secolo d.C. (30-103 0 104 d.C.). L’asse Est-Ovest assume pertanto la sua direzione secondo il giorno in cui fu tracciato. L’applicazione di questa consuetudine sembra trovare conferma dal differente orientamento dei decumani di centuriazioni adiacenti, interpretate come se fossero avvenute in due diversi momenti. Stando a questa asserzione, l’orientamento del decumanus maximus dipendeva dal calendario ed era qualcosa di simile all’impronta digitale che in pratica consentiva di distinguere una centuriazione dall’altra.

L'orientamento relativo ai punti cardinali è stato affrontato anche dagli scrittori cosiddetti agricoli. Nei loro scritti fanno riferimento non solo ai quattro punti cardinali, ma anche ai punti dell'orizzonte, dove il sole sorge e tramonta in determinate giorni dell’anno. Per quanto riguarda l’Est, Columella (12) distingue tre punti rilevanti in cui sorge il sole: l'oriens aequinoctialis, l’Est degli equinozi (E), l'oriens brumalis, l’Est invernale (SE) e l'oriens aestivalis, l’Est estivo (NE). Solo l’Est equinoziale indica dappertutto il vero Est, gli altri due variano secondo la latitudine e devono essere pertanto determinati per ogni luogo.

Nel caso della colonia romana di Augusta Raurica in Svizzera, oggi Comune di Augst (Basile Campagna), non lontano dal Reno, l’asse del decumano massimo indica il punto in cui il sole sorge il 21 giugno, giorno che corrisponde all’oriens aestivalis locale. Basandosi su questo fatto, si è ipotizzato che la colonia sia stata fondata proprio quel giorno nell’anno 44 a.C. (13).

La prassi di orientare l’asse principale verso il punto in cui il sole si leva nel giorno della fondazione è stata accertata anche per molte chiese cristiane il cui asse Est-Ovest fu conferito il giorno della consacrazione del sito all’inizio dei lavori. L’orientamento delle chiese rivela di norma che l’altare è situato a Est, mentre sul lato opposto si trova il portale d’ingresso con sopra il rosone da cui penetra la luce serale.

Conclusione

Studiando l’orientamento dei reticolati stradali ortogonali delle città romane, viene da dubitare che queste siano state progettate con particolare riguardo al vento e al soleggiamento delle case. L’orientamento è così vario tanto da indurre a non credere che il soleggiamento sia stato un criterio prioritario della pianificazione.

Bisogna anche ricordare che il soleggiamento e il vento sono soltanto due aspetti della scelta dell’orientamento delle vie di una città, sia questa ortogonale o meno. Altri aspetti non meno rilevanti sono, l'orografia e l'andamento del terreno, il percorso di strade preesistenti e, nel caso delle città romane, anche la centuriazione delle aree agricole circostanti. Oggi, i fattori che hanno portato a orientare la griglia stradale di una città romana in una o nell’alta direzione, sono raramente riconoscibili.

Le città dell’antichità erano originariamente progettate per edifici residenziali con non più di due piani e i locali abitativi erano orientati verso un cortile interno dal quale ricevevano luce. La quantità di sole di cui le abitazioni godevano dipendeva, in primo luogo, dalla dimensione di questi cortili. E nelle camere la luce era nemmeno richiesta.  Verso la strada si aprivano, oltre all’ingresso, laboratori e botteghe; al massimo, il piano superiore possedeva qualche finestra verso la strada.

Sull'orientamento “giusto” delle vie urbane nell’antichità romana, gli antichi geometri hanno sviluppato anche altre teorie, come, per esempio, quella che vuole che l'orientamento delle vie urbane debba seguire quello della centuriazione del territorio circostante. I resti delle centuriazioni romane, conservati fino ad oggi, fanno apparire questa teoria piuttosto accademica, solo pochi reticolati urbani hanno lo stesso orientamento delle centuriazioni. I fatti dimostrano invece che le condizioni orografiche e geomorfologiche erano spesso più decisive. Molte delle nuove città fondate dai romani sono sorte in concomitanza con le nuove strade e il tracciato di queste ha condizionato l’orientamento sia della centuriazione, sia quello della rete viaria cittadina. Questo è il caso dell’Emilia-Romagna, dove l'orientamento della centuriazione è stato determinato dalla Via Emilia che si estende a piè delle colline in direzione SE-NW (deviazione di 28° dall'asse E-W). Questo orientamento della strada ha determinato anche quello della rete viaria degli insediamenti sorti lungo la Via come Forum Corneli (Imola), Forum Livi (Forlì), Forum Popoli (Forlimpopoli) e Faventia (Faenza).

Un dato è certo, se si vogliono ottenere i migliori guadagni energetici solari, bisogna orientare gli edifici esattamente verso Sud, così in inverno i raggi solari penetrano nelle profondità degli ambienti e, in estate diventa più facile l’ombreggiamento della facciata e delle finestre esposte a Sud. Una deviazione di 30° verso Est o Ovest da Sud è considerata non ottima, però ancora buona.

L’orientamento degli edifici verso Sudovest, senza opportuni dispositivi d’ombreggiatura davanti alle finestre, non può comportare che gravi surriscaldamenti estivi, perché le ore più calde in estate sono proprio quelle dopo il mezzogiorno. L’orientamento verso SSW era però vantaggioso nel caso di bagni pubblici per il semplice motivo che nell’antica Roma l’ora per dedicarsi al bagno e alla cura del corpo era proprio il pomeriggio.

Note

(1) Vitruvio. de arch., I, IV
(2) Vitruvio, de arch., I, IV, 1
(3) Vitruvio, de arch., I, VI, 1
(4) A Dougga (Tunisia) si è conservata una grande rosa dei venti (12 venti)
(5) Vitruvio, de arch., I, I
(6) Vinaccia G.: Il problema dell’orientamento nell’urbanistica dell’epoca romana, Quaderni dell’Impero. Istituto di Studi romani, Roma 1939
(7) Vinaccia, G. Il problema dell'orientamento nell'urbanistica dell'antica Roma, Istituto di Studi Romani, Quaderni dell'Impero, Roma 1939, p. 39
(8) Vinaccia, G: Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, pp. 225 e segg.
(9) Strabo, V, 7, p. 235; Suetonio, Augusto, 89
(10) Aur. Vict., Epit., 13, 13
(11) Front. 31,4. Hyg. Grom. 170,3; 182,8; 183,13
(12) Columella. De re rustica, Lib.I, cap. VI
(13) Laur-Belart, R.: Führer durch Augusta Raurica, op. cit., p. 10

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