Abbiamo
voluto includere nella nostra trattazione dell’architettura climatica anche i
teatri greci e romani perché si presuppone che la progettazione di questi
edifici doveva necessariamente tenere conto del clima e del sole e, se non
altro in particolare riferimento al possibile abbagliamento degli spettatori e al
possibile surriscaldamento della cavea, dove gli spettatori stavano
seduti e fermi per molte ore.
Il
teatro greco trae origine dalle festività celebrate in onore di Dionisio,
testimoniate almeno dal 534 a.C. Come opera architettonica è composta da tre principali
elementi: il theatron, ovvero lo
spazio destinato agli spettatori, lo skené, la scena
o sfondo scenico (inizialmente
di legno) e l’orchestra, lo spazio per gli attori e il coro. Il teatro di Dionisio di Atene divenne il
prototipo del teatro greco in tutte le colonie greche del Mediterraneo. Nelle
città greche, il teatro non serviva solo alle rappresentazioni in occasione di
festività religiose, ma anche come auditorio in cui si tenevano adunanze e
discussioni politiche.
Teatro di Dionisos ad Atene
(Foto: Wikipedia, BishkekRocks)
Non si sa con certezza quando iniziarono ad
essere organizzati i primi spettacoli teatrali a Roma, di sicuro si sa che
rappresentazioni di opere teatrali greche furono organizzate almeno a partire dal
240 a.C. in poi. Una propria tradizione teatrale romana (Plauto, Terenzio) ebbe
inizio alla fine del III secolo a.C. Il primo teatro di Roma (theatrum et
proscenium ad Apollinis) di cui si ha notizia, interamente costruito in
legno, fu edificato da M. Emilio Lepido nell’anno 179 a.C. Per il 174 a.C. è
testimoniata la costruzione di un teatro da parte degli edili Fulvio Flacco e
Q. Postumio Albino. Nell’anno 154 a.C., i censori M. Valerio Messalla e C.
Crasso Longino avevano dato avvio alla costruzione di un teatro che però venne
poi demolito per ordine di P. Scipio Nasica, il quale temeva che le
rappresentazioni avrebbero potuto compromettere la moralità dei romani; un
verdetto del senato ne proibiva di fatto la frequentazione.
Roma ebbe
il suo primo teatro costruito interamente in pietra solo più tardi, voluto da
Pompeo nel 55 a.C. Seguì poi, nel 13 a.C., il teatro di Balbo. Nell’anno 11
a.C. fu aperto il teatro Marcello, la cui costruzione era già stata iniziata da
Cesare. Dall’epoca di Augusto e di Tiberio in poi, anche nelle altre città
romane i teatri diventarono corredo sempre più comune.
Roma, Teatro di Marcello (Foto: wikipedia)
All’epoca
di Vitruvio, i teatri erano già molto diffusi nelle città romane, e questa è
anche la ragione per la quale egli ne spiega estesamente la loro progettazione
e costruzione (1). Secondo Vitruvio, anche un teatro doveva
sorgere in un sito salubre e al riparo dai venti molesti. Egli scrive (2) al
riguardo:
"Costruito il foro, bisogna scegliere
il sito del teatro per le rappresentazioni dei giochi nelle feste in onore
degli dei immortali e questo deve essere il più salubre possibile, come ho già
scritto nel primo libro a proposito della salubrità dei siti in cui fondare le
città. Durante i giochi, gli spettatori, stando seduti con mogli e figli, si
divertono e, a causa della immobilità del corpo, espongono le vene nelle quali
penetrano i venti, che, se provengono dalle regioni paludose o da altre regioni
malsane, infondono nei corpi spiriti nocivi. Se però il sito del teatro sarà
scelto con più cura, questi danni saranno evitati. Bisognerà cercare dunque un
sito non esposto a mezzogiorno".
Stando dunque a Vitruvio (3), ciò che occorre
per l’edificazione di un teatro non è solo un sito salubre, ma anche il suo giusto
orientamento:
“Infatti, quando il sole riempirà la
cavea, l’aria racchiusa dalla curvatura, non avendo la possibilità di
circolare, rigirandosi su se stessa, si riscalda e, infuocata, brucia, cuoce e diminuisce
gli umori nei corpi. Per questo sono da evitare con grande cura le esposizioni
malsane e bisogna invece scegliere quelle salubri”.
L’architettura
Mentre i teatri greci erano stati costruiti
su pendii rocciosi nei quali si scavavano le gradinate destinate agli
spettatori, i teatri romani furono normalmente costruiti su un’area piana, per
il semplice motivo che già l’ubicazione delle città era in pianura. Si trattava
di enormi edifici, talvolta liberi su tutti i lati, talvolta integrati in
complessi edilizi più grandi, che esigevano una particolare integrazione del
tessuto urbano e una particolare modulazione architettonica delle facciate.
L’architettura delle facciate faceva capo a quella dei portici e in singoli
piani formavano, verso l’esterno, portici a semicerchio, salvo l’integrazione
dell’edificio in complessi più ampi.
Nella maggior parte dei casi, i teatri sono però edifici liberi su tutti
i lati. Per quanto riguarda la loro effettiva ubicazione nelle città romane,
questi si possono trovare nel centro, alla periferia in prossimità delle mura o
anche fuori di questa.
Nel
teatro romano, la facciata della scena (frons scenae) è una costruzione di
alcuni piani decorativi che diventano proscenio. Si comincia, inoltre ad
utilizzare macchinario teatrale (deus ex macchina) e quindi fa la sua comparsa
anche il sipario che, durante la rappresentazione si abbassa per scomparire in
un apposito incasso.
Lo spazio per gli spettatori, la cavea, consisteva in gradinate a
semicerchio poggiate su archi e volte in muratura e sulla scena con loggiati
laterali. Gli spettatori accedevano ai lori posti attraverso corridoi (praecinctiones)
e scale. La cavea era suddivisa in singole sezioni, i cosiddetti cunei. Le gradinate più in alto erano
spesso coperte da un porticato. In estate, quando faceva molto caldo, sopra gli
spettatori si potevano tendere dei teloni (velarium) ombreggianti di derivazione navale.
L’orientamento
Si potrebbe immaginare un orientamento della
cavea dei teatri atto ad impedire che degli spettatori guardino, per tutto il
tempo della rappresentazione, a volte di durata molto lunga, contro il sole
restandone abbagliati. In questo contesto, si pensa che il migliore orientamento
della cavea sia quindi quello volto a nord.
Un esame dei vari teatri
costruiti in Italia e nelle province dell’Impero, dimostra però che non
esisteva una vera e propria preferenza verso un determinato orientamento (vedi
tabella), infatti, sono riscontrabili esposizioni della cavea in tutte
le direzioni. Sembra che in Italia esista una leggerissima predominanza per
l'orientamento verso SO (Teatro di Marcello a Roma, Alba Fucens, Verona) e NO
(Ostia, Aosta, Trieste), ma vi sono anche altri teatri con orientamenti verso NE
(Torino, Luna), E (Teatro di Pompeo a Roma, Firenze), SE (Pompei), N (Lucca) e
S (Brescia, Ferentum). In Nordafrica prevale l'orientamento della cavea verso N
( i due teatri di Gerasa e di Sabratha) e verso NE (Cuicul, Leptis Magna), del
resto, in questa regione, troviamo anche altri svariati orientamenti: O
(Timgad), SO (Cartagine), S (Dougga), E (Sufetula). In Gallia incontriamo
orientamenti verso O (Arles, Augusta Raurica) e NO (Aventicum)
Un orientamento della cavea verso nord lo si
ritrova effettivamente nei teatri di Lucca e di Sabratha, ma i teatri di Dougga
e di Brescia sono volti chiaramente a Sud. I teatri di Aosta, Aventicum ed
Ostia sono orientati verso nordovest, mentre i teatri di Augusta Bagiennorum,
Salona e Verona guardano a sudovest.
Non sembra dunque che i criteri
riportati da Vitruvio siano stati così decisivi per la progettazione dei
teatri. I teatri greci rivelano che per gli architetti erano più importanti ben
altri aspetti, per esempio l'esistenza di pareti rocciose da cui scavare la cavea
(ne sono esempi il teatro di Dionisio e l'odeon di Erode Attico ad Atene).
In questo modo si poteva sfruttare l'andamento del terreno e usare una parte
del materiale cavato per la costruzione delle strutture murate. Questa
soluzione era la più economica.
Nelle città di pianura, invece,
dove l'intero teatro si doveva costruirlo in muratura, c'era più libertà per
l'orientamento, ma neanche in questi casi è riconoscibile una netta preferenza
per un preciso orientamento. Si deve però considerare anche il fatto che la cavea
di molti teatri poteva essere ombreggiata da grandi teli e quindi le
preoccupazioni di Vitruvio trovano solo in parte giustificazione.
Si nota quindi che l’orientamento dei
teatri non era tanto determinato dall’esposizione quanto dalla situazione
topografica e urbanistica. Nel caso di presenza di pendii o scoscendimenti, si utilizzava
di questo fatto per la costruzione della cavea, in assenza di questi e
all’interno della città si doveva tenere conto dell’area disponibile e degli elementi
urbanistici e architettonici preesistenti. Solo su aree piane e laddove non
c’erano strutture ostacolanti, si poteva orientare i teatri in rapporto al
sole.
In alcuni casi si nota pero un orientamento
della cavea verso punti di interesse artistico o naturalistici, per ottenere quelli
che oggi chiameremmo “effetti speciali”.
La “porta
regia”, l’apertura centrale del proscenio, è stata spesso utilizzata per
offrire agli spettatori una veduta particolare su un monumento architettonico o
una bellezza paesaggistica. I teatri sono stati orientati spesso proprio con
questo criterio, ossia per offrire alla vista degli spettatori uno sfondo
naturale, o artistico di particolare rilievo. Una veduta su un tempio la si può
godere dai teatri di Ostia e di Augusta Raurica e, presumibilmente, anche da quello
di Aventicum. Una particolare veduta la offre il teatro di Dougga (Tunisia). Lo
spettatore guarda, attraverso la “porta regia” su una snella costruzione, alta
21 metri, di un bellissimo mausoleo libico-punico, situata un po’ più in basso rispetto
al teatro, risalente al III-II secolo a.C. Sul fondo, dietro al monumento, la
vista si perde poi nell’ampia e verde vallata dell’Oued Kralled.
Teatro di Dougga (Tunisia)
(Foto: Uwe Wienke)
Mentre il teatro di Dougga si appoggia a
una collina e dal teatro si guarda verso la pianura, il teatro romano di Gubbio
si trova nella valle del torrente Saonda e gli spettatori guardano verso catena
di montagne a nordest della città. Nella visuale dell’asse centrale del teatro
si trova il profondo taglio della gola di Camignano, attraverso la quale passa
la strada per Urbino. Il panorama invita proprio a puntare lo sguardo
attraverso la profonda gola verde.
Un caso
a parte è invece il teatro di Pompei che costituisce, congiuntamente all’Odeon,
a due templi, a una palestra, alla scuola dei gladiatori e al foro triangolare,
un vero e proprio centro culturale confinante con la via principale, la Via
Stabiana. La costruzione del teatro di Pompei risale all’epoca ellenistica ed
era stato scavato su un pendio roccioso. In epoca romana, venne ampliato fino a
ospitare 5.000 spettatori. La scuola dei gladiatori, dietro il proscenio, fu
impiantata solo relativamente tardi, al tempo di Nerone, in un giardino
porticato fino ad allora frequentato dagli spettatori del teatro, prima e dopo
le rappresentazioni. L‘Odeon, un piccolo
teatro con una capienza di 1.500 spettatori, riservato soprattutto a
rappresentazioni musicali e pantomimiche, è degli anni 80-75 a.C. e fu
costruito da C. Quinctio Valgo e M. Porzio, quando la città divenne colonia
romana. La palestra risale ancora all’epoca sannita e assomiglia molto a quelle
greche. Il tempio adiacente, dedicato ad Iside, è uno dei meglio conservati
della città, esso fu infatti ricostruito solo pochi anni prima dell’eruzione
del Vesuvio nel 62 d.C. Presso questo tempio c’è anche quello dedicato a Zeus
Meilichios. Questo centro culturale è uno dei più interessanti complessi
urbanistici del suo genere d’epoca romana in cui si respira per intero
l’influenza della cultura ellenistica (4).
Più
prosaica invece la combinazione di
teatro e centro commerciale che si trova ad Ostia, dove il teatro venne
costruito probabilmente sotto Augusto e ampliato da Settimio Severo e
Caracalla. Al suo interno trovavano posto 2.700 spettatori. L’ingresso
principale era sulla via principale (decumano massimo) della città ed era
circondato da portici e negozi. Al centro della piazza, su un alto podio, si
trovava un tempio consacrato a Cerere la cui facciata principale formava un tipo
di quinta del teatro (5) stesso.
Note
(1)
Vitruvio. de arch.. V, III, 1-2
(2)
Vitruv, de arch, V 3, 1(3) Vitruv, de arch. V 3, 2
(4) Maiuri, A.: Pompeji, 9. Ed., Rom (1963), S. 26-29
(5) Calza, G. & G. Becatti: Ostia, 5. Ed., Rom (1971)
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