venerdì 27 settembre 2013

Clima caldo e secco - L’Egitto – Villaggi per operai


Il villaggio di El-Lahun


Il villaggio di el-Lahun (coordinate 29°14' N 30°58'E), o Illahun, fondata da Sesostri II del Medio Regno, è situato a circa 90 chilometri a sud del Cairo, all’ingresso orientale del bacino dell’oasi Fayyum, circa tre chilometri a sud di un’antica necropoli del Regno Medio con i resti della piramide di Sesostri II. El-Lahun era il villaggio delle maestranze e dei dirigenti impegnati nella costruzione della piramide del faraone. Si calcola che vi abitassero circa 5000 famiglie.

 
Pianta della città di El Lahun (nord è in alto)

El-Lahun comprendeva due quartieri ed era circondata da un muro rettangolare (400 x 350 m) con due porte, una per ognuno dei quartieri. Nella parte orientale si trovavano le case dei notabili e ufficiali, una dozzina di quelle aveva una superficie tra 1020 e 2400 metri quadrati. Le abitazioni dei benestanti erano ben ventilate e raggruppate attorno a un cortile da cui si accedeva a diversi locali dove si ricevevano ospiti e visitatori. Dalla via si accedeva direttamente alle cucine e alle abitazioni dei servi. Nella parte abitativa della casa c’erano le stanze da letto sufficienti a ospitare circa 50 persone. Alcune case avevano bagni collegati a sistemi di fognatura.

Nella parte occidentale del villaggio c’erano le abitazioni degli operai, in tutto 200 case, che raramente avevano più di tre stanze: una dove si ricevevano gli ospiti e una o due stanze da dormire, inoltre c’era la cucina attrezzata con un forno per cuocere il pane, una macina e un recipiente per il grano.

Deir el Medina  

Anche Deir-el Medina era un villaggio per maestranze che, tra la XVIII dinastia e il periodo dei Ramessidi, costruirono e decorarono le tombe reali nella Valle dei Re. Si trattava di una comunità formata da specialisti, muratori, scribi e scultori e dalle loro famiglie. Forse erano i migliori e più abili del loro tempo. Il villaggio fu fondato sotto il regno di Amenhotep III ed è stato completamente ricostruito sotto il regno di Tolomeo IV.

Il villaggio, che si trova nella parte occidentale di Tebe, in una conca rocciosa tra il Ramesseum e Medinet Habu, comprendeva case per circa 70 famiglie ed era suddiviso in nove isolati. Sul sito archeologico si trovano anche le tombe di molti artigiani e un tempio dedicato a varie divinità.

 
Deir-el-Medina. Pianta del villaggio

Il villaggio era lungo circa 130 metri è larga circa 50 metri quando aveva raggiunto la sua massima dimensione all’inizio della XIX dinastia ed era completamente recintato da un muro. La via principale aveva una larghezza tra due e tre metri. Le case, quasi tutte dello stresso taglio, erano principalmente costruite in pietra. Questo tipo di muratura era piuttosto raro nell’Egitto dei faraoni ed è dovuto alla grande distanza dalle rive del Nilo: non c’era disponibile del fango per produrre dei blocchi .

Nella media, le case avevano una dimensione di 4 x 20 metri; la casa più piccola misura 4 x 13 metri, mentre la più grande era larga 6 metri e lunga 27 metri e forse apparteneva a un capomastro. L’altezza delle case era compresa tra 3 e 5 metri. Lo spessore dei muri indica che le case avevano un solo piano. I tetti piani erano accessibile tramite scale interne.

La gente di Deir el Medina viveva in condizioni abbastanza ristrette e non aveva la possibilità di poter aggiungere altre stanze: La recinzione impediva qualsiasi espansione del villaggio. Così, all’interno, non rimaneva alcuno spazio inutilizzato e la sottigliezza dei muri non consentiva l’aggiunta di un piano superiore.

Entrando dalla strada in una casa, si scendeva per alcuni gradini, il locale d’ingresso conteneva una costruzione simile a un letto ad armadietto rialzato di 75 cm sopra il livello del pavimento ed era accessibile tramite tre gradini. Vi era anche una nicchia decorata con un dipinto del Dio Bes, una divinità protettrice in quel tempo molto popolare. La funzione della nicchia non è chiara; alcuni studiosi pensano che si trattasse di un tipo d’altare.

Deir-el-Medina – Tipologia edilizia ( B. Bruyère)
 
 
 
Dopo aver attraversato il vestibolo, si entrava nella stanza principale, il qa'a. Al suo centro c’era un pilastro di legno che sorreggeva il tetto. La sedia del pater familias  stava su una piccola pedana. Il locale era illuminato attraverso una finestra nella parte alta della parete tra la stanza e il locale d’ingresso. Delle nicchie nella parete contenevano forse immagini sacre o busti di antenati.

Davanti ad una porta finta si trovava forse un tavolo sul quale posare le offerte alle divinità. La maggior parte della vita privata e sociale della famiglia si svolgeva in questa stanza. L’arredamento consisteva nella sedia del proprietario, diversi sgabelli per gli ospiti e i membri della famiglia, qualche altro tavolino e delle ceste. Le pareti imbiancate erano decorate con degli affreschi.

Da una botola, posta al di sotto della pedana, si accedeva a una scaletta che portava in un sotterraneo, il luogo più fresco della casa dove si tenevano anche gli oggetti più preziosi.

Dietro la stanza principale c’era la camera da letto, dove si tenevano anche le provviste. Se la famiglia era numerosa, si usava, per dormire, anche la stanza principale e, naturalmente, il tetto piano. Sicuramente non tutti i membri della famiglia possedevano un proprio letto, si suppone che molti dormissero su un materasso o su una stuoia che, durante il giorno, si riponevano arrotolatati. L’altezza della camera da letto era notevolmente inferiore a quella degli altri vani.

Dalla stanza principale, un piccolo corridoio portava alla cucina la quale era solo parzialmente coperta da un tetto allo scopo di far uscire i fumi. Il tetto offriva quindi sufficiente ombra a chi lavorava in questa cucina, dove si trovava un forno per cuocere il pane, una madia per impastare e una macina per macinare le granaglie. Poteva esserci, presumibilmente, anche un tavolo su cui preparare le pietanze, ma, da quel che si sa, di solito si lavorava inginocchiati o chini sul pavimento. Alcune cucine avevano anche un ripostiglio sotterraneo in cui tenere al fresco le derrate deperibili.

I vani avevano differenti altezze e i pavimenti si trovavano su differenti livelli perciò, per raggiungere le varie stanze, si dovevano sempre salire dei gradini. Gli archeologi credono che i differenti livelli siano il risultato di un adeguamento al differente livello del terreno naturale.

La minore altezza dei locali più piccoli comportava due vantaggi: occorreva meno materiale da costruzione da trasportare e da impiegare e c’era, inoltre, la possibilità di inserire direttamente sotto il soffitto delle aperture per illuminare e ventilare gli interni. Non esisteva la possibilità di inserire finestre nelle pareti laterali, perché queste dividevano le case le une dalle altre.

Non sono stati ritrovati indizi circa l’esistenza di bagni e servizi igienici all’interno delle case. Probabilmente la gente si lavava usando dei catini e dei vasi che, poi, venivano svuotati direttamente sulla via.

Nel tardo Nuovo Regno il villaggio era abitato da 30 – 40 famigli di artigiani, ma, in particolari momenti, il loro numero era anche maggiore: 129 sotto Ramsete IV e 62 sotto Ramsete IX.

Deir el Medina fu scavato da Ernesto Schiaparelli tra il 1905 e il 1909 e da Bernard Bruyère tra il 1917 e il 1947.

Il villaggio presso Akhet-Aton

Un terzo villaggio di questo tipo è quello sorto tra le colline orientali di Akhet-Aton, la città fatta costruire dal faraone Akhenaton verso il 1340 a.C. come nuova capitale. Akhet-Aton, dedicata interamente al culto del Sole, è oggi conosciuta come Tell-el-Amarna.

 
Villaggio degli operai ad Akhet-Aton

Il villaggio era abitato dagli operai impegnati nella costruzione delle tombe della nobiltà. Le sue circa 80 case erano molto semplici: le pareti sottili e non dipinte; la ceramica rinvenuta era quella semplice che si usava ogni giorno. Le case ricordano quelle ritrovate a El-Lahun, ma più schematizzate. Senza dubbio, la loro costruzione dovette costare molto poco. All’interno del villaggio non c’erano né fontane né pozzi; la gente era costretta a trasportare l’acqua dall’esterno, forse anche da molto lontano.

L’intero villaggio era chiuso dentro una cinta muraria. Tutte le case avevano lo stesso taglio, ad eccezione di quella in cui abitava il caposquadra. Le dimensioni delle case erano di circa 5 metri  per 10. Il piano era suddiviso in quattro vani: un vestibolo, un salotto, con una colonna centrale di legno che reggeva il tetto, e due altri piccoli vani. I tetti erano piani e avevano un loggiato o una tettoia fatta di stuoie di canna. Le scale erano anche qui all’interno, nel vestibolo oppure nella cucina, dove occupavano la maggior parte dello spazio.

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